di Romolo
Pranzetti
Grosse
prospettive per il commercio elettronico, ma non conviene disprezzare
le attività tradizionali.
Primi fragorosi
rumori di vetrine rotte, anche fra le più ardite iniziative di
e-commerce, un settore nel quale, entro il 2004 cento milioni di
europei si rivolgeranno, armati di carta di credito, di carta
prepagata, o di altro strumento, per compensare i signori della rete
per i beni messi a loro disposizione.

LA
EX-COMMESSA VIRTUALE DI BOO.COM
Boo.com, (www.boo.com)
un negozio di moda nel quale diverse società europee, fra cui la
Vuitton, Benetton e la banca Morgan, avevano investito un bel gruzzolo
di miliardi, ideato da due giovani svedesi, l’ex modella Kajsa
Leander e l’ex critico letterario Ernest Malmsten, chiude, sommerso
dai debiti. Niente di strano. Ma era un negozio virtuale molto di
lusso, esemplare per certi aspetti.
Ora le critiche sono quasi banali: era troppo
costoso, non era molto amichevole, erano un po’ troppo pesanti la
grafica e le animazioni. Non troppo remunerativa l’idea del vendere
oggetti veri nella rete: per avere successo, dicono gli esperti,
bisogna rivolgersi alle aziende e fornire servizi; ripetono: non
basatevi sul b2c, ma sul b2b (cioè non puntate sulle
vendite ai consumatori, ma nel business to business…rivolgetevi
alle imprese offrendo servizi).
Troppo facile fare critiche, ora. Come se della
new economy tutti sapessero già tutto. Ma
forse neanche gli esperti sanno tutto. Una cosa che alcuni essi fanno
con sicurezza è consigliare di avere basi solide sulla terraferma,
prima di lanciarsi nel virtuale. Già, ma Benetton and Company avevano
appunto basi ben solide, anche prima di lanciarsi nella rete… e
allora?
E’ un fatto che la bella commessa virtuale è
ora in cerca di nuova occupazione….