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Gli squatter della rete

Cosa attira in un nome di dominio? Come assicurarsene l’esclusiva?
Alcuni casi che dalle pagine web sono finiti in tribunale

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n. 4 - gennaio 1999

di Romolo Pranzetti

 

BBC – chi non conosce questa sigla? Istintivamente si pensa al World Service, il notiziario che viene diffuso via onde corte in tutto il mondo e che dà conferma o smentita alle indiscrezioni, ai dubbi, alle fughe di notizie. Oppure ai famosi corsi di inglese, con la pronuncia che fino a poco fa veniva definita standard. BBC vuol dire infatti British Broadcasting Corporation ed è ubicata nell’altrettanto famoso palazzo di Bush House, in London…

In internet, però BBC nudo e crudo è una realtà mille miglia lontana da Bush House: è il Boston Business Computing, con sede appunto negli Stati Uniti. Per raggiungere la autorevole emittente radiotelevisiva occorre mettere in più, nell’url qualche elemento, in modo da ottenere: www.bbc.co.uk.

In questo caso non c’è contrasto: il buon senso e la gentilezza dei gestori della BBC di Boston hanno regalato un link già nella propria home page, che consente di dirigersi verso la più autorevole fonte di informazione nel Regno Unito.

E’ un equivoco chiarito pacificamente, che probabilmente porta vantaggi sia al venditore di computer di Boston, sia anche alla BBC. Ma non sempre, anzi quasi mai è così. Spesso le contese, finiscono in tribunale, con vincitori e vinti, o con cancellazioni di siti. Ma come sorgono questi equivoci?

Facciamo qualche esempio concreto. Chi cerca il Credit, una delle banche italiane più grandi, in internet, può trovarsi di fronte a diverse possibilità, che possono anche portare a risultati non voluti: chi digita www.credit.com o www.credit.lu ottiene una pagina che non ha niente a che vedere con l’istituto di credito milanese, la stessa cosa succede a chi digiti www.credit.org : accede a pagine della Consumer Credit Counseling Service, un’associazione che si occupa della difesa dei consumatori; per avere la banca italiana online bisogna digitare www.credit.it .

Qualcosa di simile alle due eventualità citate accade a chi digiti il famoso motore di ricerca www.altavista.digital.com; provando a scrivere www.altavista.it si va altrove, anche se con la possibilità di rintracciare il più gettonato motore di ricerca.

Questo perché ciascuna delle aziende si è appropriata del dominio con un suffisso "esclusivo". Molto spesso invece, digitando un nome, qualsiasi suffisso si scelga, si finisce nella medesima pagina, perché chi ha registrato il sito ha provveduto a pagare tutti i possibili suffissi. Per restare nel campo dei motori di ricerca, oramai aggiungere .it o .com a yahoo e a lycos è indifferente. Ancora più eclatante è il caso della cocacola: sia www.cocacola.com; sia www.cocacola.net; sia www.cocacola.org ci conducono alla stessa… fonte.

Un conflitto vero e proprio si poteva avere fino ad oggi, quando qualche preveggente navigatore di siti, ha pensato bene di registrare a proprio nome i siti di marchi famosi: così è successo che privati abbiano registrato a proprio nome siti contenenti nomi di aziende celebri, come harrods, vespa, mcdonalds, prince, ecc. Una volta che internet è diventata più popolare, i proprietari di questi marchi hanno reclamato come propri i nomi dei siti nel frattempo messi online.

Si sono così aperte dispute, risolte in maniera a volte diversa a seconda della nazione in cui la lite è stata definita (quando non si sia protratta per anni e sia ancora in corso).

Ora tale ragione di conflitto è meno frequente, in quanto in genere le aziende detentrici di un marchio, lo utilizzano anche per la vetrina in internet, dove si affacciano soprattutto per motivi promozionali. Tuttavia, qualche caso permane in quanto gli organismi preposti alla registrazione dei siti, in Italia la Registration authority italiana http://www.nic.it , negli Stati Uniti la InterNIC http://www.rs.internic.net o uno degli altri istituti, da quando la Casa bianca ha disposto una specie di deregulation in materia, si preoccupano soltanto che il dominio non sia già registrato, soddisfacendo le richieste in ordine di arrivo. E’ questo meccanismo che consente anche oggi la possibilità che interessi di soggetti diversi entrino in conflitto: quelli del proprietario del sito, con quelli del detentore del marchio.

In Italia, nell’agosto dello scorso anno il tribunale civile di Roma ha inibito alla Starnet s.r.l. di utilizzare la denominazione "Porta Portese" per un dominio internet; di più, il tribunale impediva che la domanda presso il Naming authority potesse venire accolta.

A volte, qualche caso dunque, si verifica anche oggi, ma sono entrati nella storia alcuni episodi, in cui sono rimaste coinvolte aziende dal nome noto in tutto il mondo. Un presentatore di Mtv, ha registrato una rubrica di informazione leggera come www.mtv.com . Quando nel 1993, ha lasciato l’emittente, quest’ultima ha chiesto ed ottenuto la restituzione del marchio. Il presentatore ha dovuto cambiare nome alla propria rubrica.

L’anno successivo, un giornalista che si occupava per un articolo sui domini, scoprì che mcdonalds era ancora "non occupato". Lo segnalò alla famosa catena di hamburger, che non si dimostrò interessata. Allora registrò il sito a suo nome, raccontando poi la sua avventura su Wired. In cambio della successiva richiesta di McDonalds, il giornalista ricevette un controvalore di 3.500 dollari da destinare a una scuola di New York.

Due anni dopo, protagonista di una controversia analoga fu Harrods, che registrò un sito già registrato da altra impresa. Il tribunale ha dato la prevalenza al marchio del celebre negozio, piuttosto che alla registrazione del sito. Per quanto riguarda l’Italia è noto che la vespa ha avuto ed ha tuttora fan in tutto il mondo: vi sono siti che cominciano o includono il nome vespa tranquillamente. Fino a qualche anno fa anche www.vespa.com apparteneva ad un fan, che poi deve averlo ceduto alla Piaggio, magari in cambio di un giretto su un nuovo modello…

Uno degli ultimi episodi documentati ampiamente sulle pagine web (www.nic.uk )è quello riguardante Richard Conway e Julian Nicholson: i due avevano registrato i nomi di dominio di Marks And Spencer Plc .

Il giudice dell’alta corte di giustizia, Jonathan Sumption con sentenza del 28 novembre 1997 ha proibito loro l’uso del marchio, condannandoli altresì al pagamento di 10 mila sterline e delle spese processuali.

L’aumento del numero dei domini di ben sette voci (.web per attività connesse alla rete, .info per servizi informativi, .firm per attività commerciali o d’impresa, .rec per attività ricreative, .shop per acquisti, .arts per cultura e spettacolo, .nom riguardante nomi personali dovrebbe in parte rendere meno appetibile questi tentativi di compra-vendita, in quanto allargherebbe molto la disponibilità delle combinazioni: pensate ci sarà persino un suffisso in .tv, rilasciato dall'isola di Tuvalu, nel Pacifico meridionale che farebbe gola alle emittenti televisive…

Indovinello finale

Una nota ditta produttrice di articoli per l’igiene personale, per "non perdere la priorità acquisita" ha registrato un certo numero di siti: la domanda è: quale è il nome della ditta?

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Risposta: Palmolive